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GRAVE

“Grave” è un aggettivo che uso spesso e che trovo denso di significato. “Dotato di peso, soggetto alla forza di gravità.” In senso figurato, “grande, serio, importante, carico di conseguenze spesso negative; difficile da sopportare, doloroso, intenso.” Ma anche “dignitoso, solenne, sostenuto”. In musica, “il movimento musicale più lento, il suono, la nota più bassa.”
(Dizionario Sabatini Colletti).
Grave, in tutte le sue sfumature, è un aggettivo che si intona bene con la vita. Incontro molti sguardi gravi. Carichi del peso di una vita che spalanca porte inaspettate, che getta in esperienze che non si sarebbero mai volute vivere, che obbliga ad aprirsi verso orizzonti vasti e complessi, a navigare mari sconosciuti.
Porto con me quegli sguardi. Porto con me le domande che stanno dentro quegli sguardi. Mi obbligano a riflettere, a cercare. Per me, attraverso loro. Per loro, attraverso me.
Quegli sguardi gravi hanno perso l’ingenuità di visioni semplici del mondo, di risposte note e collaudate. Quegli sguardi guardano realtà che non avevano immaginato, e che ora invece devono vivere ed elaborare. Per non esserne travolti, per farne qualcosa di significativo, che dia senso al loro cammino. Gli sguardi gravi nascono da una rottura della continuità, che ti butta fuori dalla tua routine, dalla vita che conoscevi. Puoi essere sperduto, arrabbiato, depresso, e tutte queste cose insieme, ma la continuità si è rotta, e indietro non si può più tornare. Tante volte mi sono sentita dire “vorrei la mia vita di prima, rivoglio indietro la mia vita”. Poi, quando la fuga finisce, e la consapevolezza del cambiamento si fa carne, è allora che arriva quello sguardo grave.
In quegli sguardi riconosco compagni di viaggio. Quegli sguardi mi fanno amare quelle persone e il mio lavoro, che mi permette di incontrarli.
La vita è complessa e piena di sfumature. Tutto questo pesa, ci grava, ma ci salva anche. Ci dà appigli per tirarci su laddove non pensavamo ci potessero essere.
Lo sguardo grave sa che deve arrendersi e aprirsi.
Finché c’è vita c’è vita. È più che “finché c’è vita c’è speranza”. Perché a volte la speranza vacilla, la vita no. A tutti quegli sguardi gravi… Vi porto nel cuore. Spero che sentiate che sono con voi.
Marcella

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