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GLI ENDURISTI AMANO LA MONTAGNA, NON SONO BANDITI

Caro Direttore, la condanna campeggia sempre in prima pagina. L’assoluzione, chissà perché, è invece relegata in un trafiletto di cronaca. Succede anche con le moto da fuoristrada. Se c’è da puntare il dito sui possibili danni che arrecano, allora che si dia fiato alle trombe! Ma quando si tratta di raccontare la verità, si ode appena un sussurro. Quale è la verità? Che una manifestazione di Regolarità d’epoca come la Valli Bergamasche Revival ha una gestazione di almeno nove mesi. Come un bambino. Nove lunghi mesi durante i quali bisogna cercare un percorso adatto, trovare sponsor, spendere tempo e denaro (personale degli appassionati, mica cavato da ricche associazioni!) per organizzare logistica, servizi, diffusione pubblicitaria, iscrizioni, etc. Nove mesi, soprattutto, durante i quali si richiedono le autorizzazioni, si eseguono sopralluoghi e relazioni idro-geologiche e naturalistiche, si presentano agli enti preposti alla tutela del territorio i risultati, si attendono – a volte sino all’ultimo momento – i nulla osta. E tutto questo solo per poter praticare in tutta legalità e legittimità il proprio sport. Uno sport che ha portato a Bergamo più allori di qualunque altro. Chi non se ne intende forse non lo sa, ma quasi la metà dei grandi campioni di Enduro di ieri e di oggi è nato in terra bergamasca. Sapete che in tutta Europa, e pure nel resto del mondo, dire Enduro (o Regolarità, come si chiamava una volta) significa Bergamo? Nelle nostre valli è nato uno sport esportato in tutti i continenti. E ora gli enduristi sono considerati reietti, mascalzoni, deturpatori dell’ambiente. Alla base di tutto c’è molta ignoranza. Basta sentire la gente che parla di “villani in motocross”. Signori, il motocross è tutta un’altra cosa. È come dire salto al trampolino e sci di fondo. L’ignoranza sta nel non sapere che gli enduristi amano la montagna. Ignoranza è non prendere in considerazione che dopo le gare i percorsi vengono sempre ripristinati. Ignoranza è dimenticare che molti sentieri, che oggi le famigliole in vacanza percorrono a piedi, sono stati realizzati dagli enduristi bergamaschi mezzo secolo fa, non solo dalle truppe alpine con i muli. Ignoranza è misconoscere i lunghi iter burocratici necessari per organizzare una gara di enduro. Provate a pensarci un attimo: quale alpinista deve domandare permesso per piantare chiodi (che rimarranno lì ad arrugginire) nella dura scorza delle pareti rocciose orobiche? Quale escursionista incivile e chiassoso deve presentare documenti per passeggiare in montagna e lasciare lungo il proprio cammino rifiuti di ogni genere che impiegheranno anni a degradarsi? Quale sciatore deve attendere autorizzazioni per sfruttare impianti di risalita e “slalomare” su piste che hanno deturpato in maniera indelebile i volti delle nostre montagne? Facile per le associazioni sedicenti naturaliste (i cui soci probabilmente arrampicano, fanno trekking e sciano…) scagliarsi contro le rumorose, fumose e aggressive motociclette! Demagogia pura. Eppure il rombo, dopo il passaggio di una moto, si perde in un’eco. Il fumo di scarico (decine di volte inferiore a quello delle auto degli escursionisti che affollano le valli…) vola via al primo soffio di vento. E i segni delle ruote? A primavera nuovi fili d’erba ne cancelleranno ogni traccia. I motociclisti amano la montagna. Questo è il punto. Chiedono solo di poterla condividere, come è sempre stato, con chiunque altro la ami. Va bene punire chi deturpa la natura e se ne infischia dei divieti; ma perché accanirsi contro manifestazioni organizzate alla luce del sole e con tutti i crismi e le autorizzazioni? La Scuderia Norelli, che organizza la Valli Bergamasche Revival (più che una gara di Enduro, è una passeggiata di moto d’epoca per nostalgici e campioni della Regolarità), fa tutto il possibile per mitigare il proprio impatto ambientale. Come? Si impegna a compensare l’emissione di C02 delle moto aderenti alla manifestazione. Sistemerà tutti i sentieri come e meglio di quanto fossero prima del passaggio delle moto. E introdurrà per la prima volta una moto elettrica tra quelle partecipanti. Perché crede che questo è il futuro – ecologico – della nostra disciplina sportiva. Ce la mette tutta per dimostrare REALMENTE di amare la natura. Ed è aperta ai confronti con le associazioni naturaliste. Ma non accetta critiche infondate e gratuite. Sparare a zero è facile. Dimostrare di fare bene, è un’altra cosa. Nicolò Codognola Presidente Scuderia Fulvio Norelli Motoclub Bergamo

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