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Fotografare

Pablo mi ha chiesto se faccio un utilizzo specifico delle mie foto. Gli ho risposto che no, mi piace farle. Poi ne stampo alcune e le metto sul frigorifero o in un vecchio espositore, cambiandole ogni tanto. La sua domanda, però, apre a qualche riflessione. Ho sempre detto che fare fotografie mi rende felice. Guardare attraverso l’obiettivo mi dà gioia. Inquadrare dà una forma diversa alla realtà che vedo. Isola una parte che acquista così una sua vita diversa e in qualche modo indipendente. Mi vengono in mente dei versi di Rilke, che lui però riferisce alle parole:

“…per dirle le cose così, che a quel modo, esse stesse, nell’intimo / mai intendevano d’essere.” (Nona elegia duinese)

Per le immagini accade qualcosa di analogo.
Lo sguardo le trasforma in un’esperienza.
Dopo, non sono più le stesse.
E poi succede che guardare così cambia proprio lo sguardo, il modo di
guardare ciò che sta
intorno a me, anche senza
macchina fotografica.
Ed è emozionante, perché
tutto ciò che vedo acquista
nuova luce, nuove sfumature
e, soprattutto, diventa bellissimo. Quando guardo così, le cose mostrano il loro volto più bello, anche le più semplici, le più scontate. E poi accade anche altro. Una volta fatta la foto, rivista qualche volta sul computer, quella foto rimane in me.
E vive, anche se non la guardo più. Il mio mondo interiore si è arricchito di tralicci, panchine, cieli e nuvole, alberi in tutte le stagioni. Gli scatti sono pezzi di vita, non perché fermano un momento, ma perché quel momento lo fanno vivere.
E quella vita, quello sguardo di ieri, sono nel mio sguardo di oggi.

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