Sono un’introversa, e lo sono anche quando fotografo. Amo il guardare filtrato dai miei stati d’animo, attività contemplativa che unisce il mondo interiore con quello esterno.
Dentro e fuori si intrecciano per dare vita a uno spettacolo che mi incanta e che guardo scorrere con meraviglia. Accade che ogni cosa sia illuminata quando i due mondi cantano insieme. Il cielo può essere grigio, ma è un grigio bellissimo.
Quando cammino per guardare non sono un’osservatrice intenzionale: seguo ciò che mi colpisce, che mi arriva; mi faccio portare dallo sguardo. E quando inquadro, i limiti della cornice danno nuove forme a ciò che vedo. Come sempre, il limite dà forma.
Camminare, guardare, inquadrare, sono attività che mi rendono felice. Le foto che faccio mi rimangono dentro, è lì il vero archivio.
Ogni volta che ciò che guardo si trasforma in un’immagine per me significativa e si fa foto, quell’immagine rimane stampata in me. Vive. Ho fotografato tantissimi alberi, soprattutto in inverno, quando i rami spogli mostrano la bellezza delle loro forme armoniche. Ogni volta che guardo un albero ricordo le foto fatte.
E quelle foto vivono ogni volta che ne guardo uno, anche senza macchina fotografica. Averle fatte ha cambiato il mio modo di guardarlo. Non ci bagniamo mai due volte nello stesso fiume.
Ogni scatto ha cambiato il mio modo di guardare, arricchendolo. E anche per questo amo fotografare scorci quotidiani: mi aiutano a cogliere e ad arricchire ciò che vedo ogni giorno.
Il quotidiano non è noioso, è il mio viaggio continuo e stupefacente nella vita.
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