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FLAME / FIAMMA

Fiamma era una ragazzina di otto anni che viveva con i genitori e altri 3 fratelli nella periferia di Bruge, in Belgio. Ora ricordava bene quel giorno, sebbene avesse cercato di rimuoverlo negli anni ma la forza evocativa di quel momento la riconduceva a 17 anni prima.


Ora consulente di successo e scrittrice talentuosa ricordava nei dettagli quella fredda mattina, un’immagine stampata a fuoco nella sua mente, come un diamante che brillava nel suo passato, come un fulmine che l’avesse colpita e ferita a vita ma che in fondo la riempiva di commozione pura…
Quel giorno era in viaggio in auto, stipata stretta nel sedile posteriore coi suoi 3 fratelli; davanti, alla guida, suo padre, una madre silenziosa, non una parola.

Capiva che non si stavano certo recando sul fiume o ad un piccolo nic e nemmeno a una visita di cortesia; il silenzio e l’atmosfera cupi, i visi torvi, preoccupati ma anche smarriti. Si fermarono di fronte a un grande edificio bianco e grigio con tante finestre.


Scesero dall’auto e si unirono agli altri che scesero quasi in contemporanea da altre 2 vecchie auto, ammaccate e sporche; si radunarono nel piazzale e ricordava… parenti, zii, cugini in un grande incontro di famiglia evidentemente programmato in quel luogo. Si avviarono in 20 persone all’incirca verso l’entrata dell’edificio: uomini, donne, bambini, bambine, la famiglia allargata al completo. Non ricordava quante scale avessero fatto ma si trovarono in un lungo corridoio con gente che andava e veniva, un grande ospedale. Entrarono infine in quella stanza, un casermone squallido: gli uomini cupi, le donne con un alone di pietà. Lei, Fiamma, dietro tutti, vedeva un uomo, solo in un angolo desolato, un uomo coperto fino al collo da un copriletto blu.

Sporgevano le braccia, magrissime, le dita affusolate e poi il viso bianchissimo, emaciato, il viso di un uomo la cui fiamma si stava spegnendo. Ma non era un uomo, era un ragazzo di 24 anni e i suoi occhi erano vivi, luminosi, intelligenti, estremamente vividi. L’incontro durò pochissimo, giusto una visita forzata, dovuta e sgradevole. Uscirono tutti nel corridoio, qualche sospiro, la fretta di andarsene e un ciao veloce. Era il fratello minore di quegli uomini, Fiamma riuscì a udire dallo zio un paio di commenti:

  • “E’sempre stato un incapace, niente ritegno, nessuna dignità, ha speso la sua vita in fretta bevendo e frequentando donnacce.”
    -“Già, un talento sprecato, buttato nel cesso con le carte da gioco in mano e le tasche vuote, dopotutto se l’è cercata”.

  • Ma Fiammetta ardeva come fuoco ed era ipnotizzata e commossa dai suoi occhi; approfittò della confusione e sgattaiolò nella stanza, lei e lui per 9 secondi… Lei si avvicinò, lui capì chi aveva di fronte e disse: “Vieni piccola, lascia che dicano… ma la mia è stata una bella vita, una vita meravigliosa, come la volevo io… E ora vai piccola e non guardare indietro mai più, addio Fiamma”. Lei non lo avrebbe scordato mai più.
    Enrico Savoldi

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