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E poi ho visto i pesci saltare

Non so dove sia la mente di Michael Schumacher mentre il suo corpo lotta per rimanere aggrappato alla vita. Ma ci penso spesso. Perchè in quel luogo c’è stata anche una persona a cui tengo tantissimo, venticinque giorni di coma farmacologico dopo un incidente che, nel 2006, quando aveva 19 anni, lo aveva quasi ucciso. I farmaci che ti tengono in vita e sedano mentre i medici ti fanno qualunque cosa debbano fare per salvarti, fanno anche un’altra cosa: ti spediscono lontano.
Quando Marco (lo chiameremo così questo ragazzo ) si svegliò, dopo quasi un mese di incoscienza, credeva di essere in un giorno, un anno e una città diversi da quelli in cui era.
Tra la strada provinciale SP35 in direzione Albino, dove era andato a sbattere su un palo, e la rianimazione del vecchio ospedale di Bergamo ci sono quasi trenta chilometri, ed era tutta la strada che in teoria aveva fatto in quell’ottobre del 2006.
Eppure la sua testa ne aveva percorsi migliaia, mentre il suo corpo era sdraiato e il metabolismo domato.
Marco mi ha raccontato tante volte di aver sognato soprattutto viaggi: stazioni, porti, mercati, aeroporti, città dove non era mai stato. Ancora oggi, dopo otto anni, potrebbe disegnare l’itinerario su una mappa.
Credo che la mente, sognando per giorni sotto l’effetto di barbiturici e degli ipnotici che si usano per il coma indotto, traduca quello che hai intorno, e trovi il modo di raccontarti la partita che stai giocando. Luoghi spaventosi e bui, quando la speranza sembra perduta.
Marco si ricorda ancora oggi l’atrio di una casa vuota, come quella che si vede in Viale del tramonto, con le scale che si avvolgono verso l’alto e colori saturi e scuri al posto del bianco e nero. O posti luminosi e pieni di futuro, quando il suo corpo ha cominciato a rimontare la partita con la morte.
E’ andata così: nel sogno Marco era su una spiaggia, quando i pesci hanno cominciato a saltare sulla sabbia.
Lì ha capito, si è voltato ed è tornato indietro. Magari era solo una delle allucinazioni portate dagli ipnotici, ma per lui è stato quello il momento in cui gli hanno detto: “Si torna a casa, l’esilio dal tuo corpo è finito”, e ha visto gli occhi di un rianimatore e le sue braccia tese, come se gli volesse dare il benvenuto.
La cosa più difficile da spiegare una volta risvegliati, ed è un problema che spero avrà anche Michael con chi lo sta aspettando ora, è che quei ricordi sono reali come quelli reali. Marco lo sa benissimo che quella spiaggia non esiste. Eppure, a un livello diverso, sa di esserci stato.
Quando ha riaperto gli occhi, era nudo, non poteva parlare, o muoversi, o mangiare, o bere. Non poteva per vari motivi medici e perchè non lo sapeva più fare.
Marco ha avuto decine di nuove prime volte, una nuova prima parola, un nuovo primo boccone o sorso d’acqua, un nuovo primo passo.
Non so quanto sia lontano dal suo corpo Michael ora, ma spero che trovi presto una spiaggia, o quel che è, a dirgli che può tornare a casa.

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