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COME IMPARAI IL TEDESCO, GRAZIE AD UNA SUORA IN UN OSPEDALE PRUSSIANO

Nell’estate del 1944 ero occupato nella Caproni-ISSA di Ponte S. Pietro, una ditta d’importanza militare, come segretario del capo officina , con circa 200 operai ai torni, frese, trapani, presse, rettifiche ecc. – lavorazione pezzi per gli strumenti di aeronavigazione. Alla chiamata di Graziani fui temporaneamente dimesso in attesa del permesso d’esenzione, ma mentre ero fuori fui intercettato dalla Polizia e spedito in Germania come renitente alla leva. Il permesso mi venne concesso, mi segnalarono che potevo rientrare al lavoro, dei miei zii mi scrissero in merito ma io ormai, tra Danzica e Koenisberg ero “ impossibilitato a lasciare “il posto”, inquadrato in una squadra di lavoro agricolo-boschivo, con tanti altri “ristretti”, più o meno per gli stessi motivi. La fine della guerra mi colse il 5 maggio del 1945 nella provincia di Danzica, nell’ultima sacca circondata dall’armata russa. Mi è andata BENE ! La Schwester Amanda era la Suora che sovrintendeva le infermiere e gli uomini d’aiuto nel reparto dell’ospedale ove fui ricoverato per un incidente occorsomi – ero caduto da una scala a pioli mentre salivo caricato da due balle di paglia . Qualche mese fa ho cercato su internet ed ho ritrovato le foto dell’ospedale, è ancora uguale ! Dunque, Amanda Leer, giusto per fare un raffronto, non è una bellezza, ma Suor Amanda poverina era proprio inferiore di molti punti. Mi colpì subito il suo nome, Amanda, una rarità credo, dov’ero, in Germania, nella Prussia orientale, nell’ospedale di una piccola cittadina, Tiegenhoff, Il giorno dell’ incidente e del ricovero, Schwester Amanda era assente per non so quale motivo, ma dopo qualche giorno tornò in reparto, fece il giro dei presenti e l’unico che non conosceva ero io. Mi fece alcune domande , non compresi e non riuscii a rispondere. La stanza in cui ero era quella dei “ragazzi”, io ero il più anziano ( 18 anni ) e tutti gli altri, tedeschi, erano molto più giovani e, gia conoscendo Schwester Amanda , le dissero che sapevo numerare e conoscevo qualche parola, qualche frase. Infatti avevo mandato al diavolo, in tedesco, un ragazzino che mi aveva infastidito. Quella mia uscita aveva suscitato fra i ragazzi un certo stupore. Un mio zio altoatesino, trasferitosì a Bergamo dopo la guerra 15-18 , mi aveva insegnato la frase, la numerazione e qualche base di pronuncia. La suora , dopo ristabilita la calma nella camera, chiamò un uomo d’aiuto e mi fece trasportare nella zona bagni: lasciato in equilibrio sulla gamba buona e con l’altra gamba ingessata , con solo un camiciotto addosso, ero in attesa. Giunse la suora, con sapone ed asciugamani vari, inviò l’uomo al suo posto di lavoro e mi fece comprendere che dovevo fare il bagno, in piedi. Nella camera, quando si era rivolta a me, mi aveva squadrato ben bene, guardato l’ingessatura e la gamba sana, decidendo che avevo bisogno di un bagno. Era la logica conseguenza del mio ricovero affrettato. Eravamo in luglio 1944, era in corso la trebbiatura, faceva un caldo infernale, vi era una polvere tremenda e sudando per il lavoro cui non ero abituato, si può immaginare come fossi pulito. Subito dopo la caduta dalla scala, fui soccorso, caricato su di un carretto agricolo e portato all’ospedale più vicino, quello di Tiegenhoff : fu uno strazio ad ogni sobbalzo , una strada in parte sterrata o con l’acciotolato, ben 15 km prima di giungere a destinazione . Gli aiutanti polacchi che dal carro mi spostarono all’accettazione, prima che arrivassero i dottori mi ripulirono praticamente a secco, al massimo con un panno inumidito: dopo i controlli ed i raggi X, fui messo a letto in attesa dell’ingessatura. Dopo un paio di giorni, ormai ingessata la gamba rotta, rientrò in ospedale Suor Amanda e visto com’ero, aveva preso la decisione. Quindi, con il solo camiciotto, in equilibrio su di una gamba e la suora che mi invitava a fare il bagno, ero perplesso. Ma Suor Amanda non doveva perdere tempo, mi aiutò a togliermi il camiciotto, con una spugna mi lavò personalmente, salvo … una parte, mi passò gli asciugamani, mi rimise un camiciotto nuovo e mi fece riportare a letto. Nella camera, presenti tutti gli altri ragazzi, mi disse che se non imparavo il tedesco non mi avrebbe dato da mangiare. Nei giorni seguenti mi fornì un libro illustrato, credo un sillabario delle elementari, ed organizzò i miei compagni d’ospedale per aiutarmi nella lettura e nella pronuncia : ogni pomeriggio, o verso sera, subivo un interrogatorio da parte della Suora. Quando dopo 4 mesi ed altrettante ingessature uscii dall’ospedale, avevo appreso quanto bastava per “ difendermi “ a voce , conoscevo un certo numero di vocaboli e riuscivo a colloquiare : parlavo un tedesco con accento berlinese ( ! ) ed essendo nella Prussia Orientale, tutti quelli che parlavano con me si stupivano e mi chiedevano meravigliati da dove venissi. Ecco chi era Schwester Amanda – mi è rimasta nel cuore e, per un certo verso, mi ha aiutato a sopravvivere. Il conoscere il tedesco mi ha aiutato molte volte, specialmente negli ultimi mesi di guerra della primavera 1945. Durante i vagabondaggi nei boschi a sud di Danzica, negli incontri con la Feldgendarmerie, nei lavori coatti per le trincee o per la raccolta e la sepoltura dei morti che trovavamo nei boschi, anche durante il tempo trascorso nel campo di concentramento di Stutthof. La minaccia di non darmi da mangiare fu dimenticata; anzi, me ne diede più che agli altri e due volte, in occasione di visite di miei colleghi italiani, anche a loro durante l’ora della merenda pomeridiana fu data una porzione. Sapeva che venivano a piedi da 15 km – Ivan P.

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