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CI SI LAMENTA DI CHI SI LAMENTA

Ci sono modi sicuri per vivere tristemente: uno di essi è lamentarsi. E’ statisticamente certo che tutti voi avete sentito le lamentele delle più diverse persone, ricchi e poveri, istruiti e analfabeti, donne e uomini, preti e suore…

E’ pure statisticamente certo che voi vi siete lamentati, per i motivi più svariati: caldo e freddo, ritardi, cibo mediocre, collega antipatico, figlio piagnucoloso, governo, chiesa. Ci si lamenta di chi si lamenta… Dalla terra sale in alto una nuvola di lamentele più inquinanti di qualsiasi gas. Lamentarsi è segno di incapacità di affrontare la vita: davanti ad una difficoltà si sceglie la soluzione che sembra più facile, ma che inevitabilmente si rivela la meno efficace. Lamentarsi è anche manifestazione di pigrizia, di rinuncia, di, diciamolo fuori dai denti, vigliaccheria. Tutti siamo grandi sportivi con la lingua: nel lamentarci, nel criticare, nel dare consigli, nell’esibirci…. Molto meno con altre parti del corpo: le braccia, le gambe, la testa, il cuore.

L’antidoto al lamentarsi è “fare” per amore. Il marciapiede fuori della casa di un mio amico era in cattive condizioni e il Comune non faceva niente per aggiustarlo nonostante i reclami suoi e dei vicini. L’amico si è messo d’accordo con loro e l’hanno riparato. I parrocchiani si lamentavano per le omelie troppo lunghe del parroco, ma nessuno affrontava in problema con l’interessato. Ma un gruppetto si è fatto coraggio e gli ha espresso le difficoltà della comunità. All’inizio non è stato facile, però, dopo aver sentito le ragioni della comunità, ha concluso ringraziando. Addirittura adesso si riunisce con un gruppo per preparare l’omelia. Due esempi reali, che contribuiscono a far diminuire l’inquinamento morale, non solo per il loro valore intrinseco, ma anche perché dicono che il male, i problemi possono essere affrontati e superati, cominciando da noi. Se il lamentarsi diffonde un contagio che convince sull’insuperabilità delle situazioni, il camminare contro corrente dà il gusto dello sforzo premiato, della vita presa in mano e fatta fruttare per qualcosa che vale. Ricordate Mosè costretto a guidare nel deserto il popolo, quasi unicamente dedito a lamentarsi e mormorare? Se l’è caricato sulle spalle e l’ha portato per 40 anni fino alla fine, compiendo la sua missione.

Costanzo Donegana

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