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Autismo: il Mostro del Silenzio La Pescatrice di Voci (Sesta parte) Autrice: Daniela Vanillo

Una storia sussurrata
a piccoli passi.

Presi Maria in braccio

Entrai in un bar e chiesi informazioni: “La scuola è infilata in una viuzza laterale a fondo chiuso,” disse la barista. Non ha l’aspetto di una gran scuola. È un edificio datato e maltenuto dei primi anni cinquanta”. Mi riferiscono ancheche è una scuola con una lista a numero chiuso e che quasi sicuramente avrei trovato una lista d’attesa molto lunga. La signora del bar è ben informata dato che le sue clienti sono mamme dei bambini che frequentano la scuola. Mi avvio pensando al coraggio dell’inventore del metodo adattivo e forse stavo andando nella direzione giusta. Io e Maria eravamo giunte davanti al cancelletto giallo e scrostato dal tempo.  
Mi abbasso e le chiedo se questa scuola le piace, lei la guarda e risponde con un filo di voce: “Bella!”, poi una pausa e ancora: “Rovinata”. Il rumore del cancellino che scricchiola ci accompagna. Giunte in segreteria ci accolgono molto bene. Chiedo se c’è posto per una nuova iscrizione e la segretaria, che sembrava uscita dagli uffici di una fabbrica degli anni trenta, risponde che si è appena liberato un posto.
Una famiglia è tornata al paese di origine. Maria si ferma subito per una prova ed io   corro a casa a predisporre i documenti per l’iscrizione. Ci aspetta una nuova avventura.

Ci aspetta
una nuova avventura

L’ho iscritta e non fanno molte domande, la mente mentiva, nessuna domanda. Spiego tutto il trascorso e che per ora la situazione è questa. La bambina non parla ed è sempre più chiusa, sussurra a volte e risponde quando può o quando vuole ma con un filo di voce.
Non si separa mai dal suo lenzuolino giallo piegato dentro il pancino del suo inseparabile amico: Il suo pupazzo procione chiamato “sophia”. Dopo circa due mesi dall’iscrizione Maria, uscendo dall’asilo, mi consegna un piccolo foglietto sciupato scritto a matita che recita:”Maria oggi ha chiesto un bicchiere d’acqua”. Da lontano l’insegnante mi saluta facendomi un cenno con la mano e congedandosi da me con lo sguardo, si allontana sorridendomi. Questo è stato uno dei giorni più belli della mia vita e per Maria l’inizio della risalita verso la luce.
Maria prosegue le scuole elementari sempre nella stessa scuola, ed è ora di intraprendere la prima classe. Non è stata diagnosticata e spero non c’è ne sia più bisogno. Penso e mi convinco che in fondo non ha nulla e che presto si aprirà. È solo un po’ chiusa ed io ho letto troppo. Per ora mi fido della comprensione della struttura e del metodo applicato ma è solo la speranza di una madre. Se hai una bambina così non te la cavi facilmente e così fu. Verso il secondo quadrimestre la comprensione per la situazione e la pazienza erano già esaurite.

La comprensione per la situazione e la pazienza erano già esaurite.

Cercavo e non trovavo brancolando nel buio. Le voci quelle degli altri dei cani sciolti, i giudizi, gli sguardi, i pregiudizi. Ricordo il rumore dello scoppio dei palloncini colorati delle feste di compleanno che la facevano urlare e scappare.
Per lei esplosioni nel cervello. Tutti quei consigli inutili e pesanti infettati dal giudizio e dal pregiudizio. Il confronto di bambini senza confronto inconfrontabili per natura, per diversità, per pietà. Ricordi di sguardi di commiserazione,sensazioni di isolamento.
Ma poi un giorno. Che miracolo certi incontri! Anch’io ho iniziato a cercare, e siamo nel 1999. Cercando in internet la frase “centri per l’autismo”, con un click trovo un centro importante in Belgio. Al telefono spiego il mio problema: “Che sto chiamando dall’Italia, che sono stanca, che non so dove sbattere la testa e che sono disposta a partire per il Belgio con la bambina, per cercare di capire il suo problema. Dall’altra parte mi risponde un medico belga molto gentile, che parla poco l’italiano ma che ce la mette proprio tutta per farsi capire e per aiutarmi.
 
Per farsi capire e per aiutarmi

Mi spiega che non è necessario che io parta per il Belgio, perlomeno non per ora, poiché lui stesso sta partendo per l’Italia. La settimana successiva prenderà servizio presso un ‘istituto scientifico situato nell’Italia del nord. Negli anni mi ero rivolta a diversi psicoterapeuti, ma nessuno, aveva mai nominato, questo Centro diagnostico che sembrava apparire dalle Nebbie di Avalon nella foresta di “Re Artù”; in effetti in questi anni la nebbia, le leggende il buio ed i briganti non sono mancati! Chiamata dal corpo insegnanti per fare il punto della situazione, mi riferiscono che prima, avevano assecondato i problemi della bambina poiché frequentava la scuola materna.
Purtroppo con l’inizio delle scuole elementari non potevano più gestire il problema: ”Questa bambina ha qualcosa che non va, per lo più è assente, isolata ed interagisce molto poco, sta imparando a scrivere ma non segue le righe del quaderno e non ti guarda quando la chiami; inoltre non riesce ad imparare le tabelline anche le più semplici”. Per Maria la matematica è un altro rompicapo. Un giorno, provando vari metodi per insegnarle le tabelline ho notato che nel ripetere ricordava il colore dei numeri. Avevo esaurito il colore di un pennarello e quindi ne avevo usato uno di colore rosa, per scrivere la tabellina del nove. Ho notato che ricordava il numero e la sequenza dei numeri della tabellina per via del colore abbinato, ed a quel punto ho realizzato uno schema al computer con le tabelline in sequenza. I colori li ho fatti scegliere a lei.  

I colori li ho fatti scegliere a lei
 
Così ho realizzato un braccialetto in tessuto di spugna come quello utilizzato dai tennisti.
Ho cucito sulla stoffa un foglietto preventivamente plastificato con lo schema delle tabelline, facendo attenzione ai colori indicati da Maria. Lei per circa due mesi, lo ha tenuto al polso per andare a scuola poi non ne ha avuto più bisogno. Aiutata dalla memoria fotografica e con il bracciale al polso, le ha imparate a memoria tutte! Pensiamo inoltre, che esistono bambini autistici che mentre giocano al computer, risolvono radici quadrate complesse continuando contemporaneamente a giocare la propria partita. Inoltre una parte di questi ragazzi, se non ha un ritiro sociale marcato, non desta l’attenzione degli insegnanti e quindi, non rappresenta un problema né per sé stessi, né per la scuola. Gli altri, quelli con problemi simili a Maria, vengono subito notati e segnalati.
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