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A piccoli passi

Mezzanotte passata, Naviglio Pavese, Milano, Alice sta rientrando a casa dopo una dura giornata di lavoro, sorride stanca, a casa l’aspettano i suoi due meravigliosi gemelli. Quando può li tiene con sé, ma un ristorante non è il posto giusto per due neonati. Alice è la chef di Erba Brusca, cresciuta negli States ha scelto l’Italia come casa. Il suo è un lavoro particolarmente duro, difficile da conciliare con due bambini piccoli, un lavoro però capace di regalare molte gioie a chi ha una reale e indistruttibile passione per questo mondo.
Non a caso il lavoro nelle cucine dei ristoranti è dominato dagli uomini. Alice ha una particolare sensibilità per i temi legati alla sostenibilità, di sicuro è una delle più attente in tutto il panorama gastronomico italiano. Per alcuni i suoi piatti sono semplicemente molto buoni, ma per altri sono un manifesto del suo pensiero.
Alla domanda “quanto hai dovuto faticare per essere dove sei” mi racconta del fatto di non essersi stancata mai di dare il massimo, di aver fatto una lunga gavetta in diversi ristoranti in giro per il mondo. Tra i motivi del suo successo Alice chiama in causa anche il caso e incontri fortunati come quello con Danilo Ingannamorte e Cesare Battisti. Perchè invece quando si pone la stessa domanda a un uomo, molto più facilmente si ottiene come risposta che il merito è esclusivamente del proprio talento e determinazione? Se i maschi fin da piccoli sono elogiati per la loro forza, coraggio, intelligenza, alle bambine invece i complimenti più frequenti sono graziosa, educata, gentile. Insomma i condizionamenti che le giovani donne subiscono fin da piccole nell’ambiente domestico, così come a scuola sono tanti e non è quindi un caso che in tanti settori, non solo in Italia, le donne continuino a rivestire un ruolo marginale.
Non è un caso se abbiamo meno sicurezza in noi stesse rispetto agli uomini, se pretendiamo da noi stesse la perfezione per sentirci accettate. Di una cosa Alice è certa e come lei anche le altre donne chef che ho conosciuto: lavorando bene, senza risparmiarsi, i frutti arrivano. Non è a questo punto una questione di fortuna, bensì di resistenza, non lasciarsi intimorire dai colleghi maschi, dall’ambiente cameratesco delle cucine di tanti ristoranti, non farsi mettere da parte solo perchè si è anche mamme, oltre che donne.
Viviana Varese, un’altra bravissima chef, mi ha fatto poi riflettere sul fatto che la maggior parte delle chef donne siano proprietarie o co-proprietarie dei propri ristoranti. Il motivo è che per una chef donna è più difficile farsi affidare la cucina di un grande ristorante e questo porta tante donne a dover investire in prima persona anche come ristoratrici oltre che come cuoche.
Un’altra bella storia di successo è quella di Cristina Bowerman, mamma e chef di Glass Hostaria, il ristorante che gestisce con il marito in centro a Trastevere, controcorrente in tanti modi. Anche la storia di Cristina parla di un carattere tenace, grinta da vendere, di ideali e sensibilità che vanno al di là della cucina, come la protezione delle api, un tema che le sta molto a cuore e per il quale è impegnata in prima persona: “Non dobbiamo cercare di diventare uomini, dobbiamo valorizzare le nostre diversità, far emergere il nostro valore aggiunto, la nostra capacità di adattamento, la sensibilità, la resistenza, la forza creativa”.
Anche Victorie Gouloubi, chef originaria del Congo, ci porta un bell’esempio di integrazione e amicizia. Dopo gli studi alla scuola alberghiera si è proposta a tanti ristoranti e ha collezionato molti rifiuti prima di entrare nelle cucine del ristorante di Claudio Sadler con cui è nata una bellissima amicizia. Victorie ha creduto prima di tutto in se stessa e questo ha fatto si che gli altri le dessero ragione. Ora Victorie ha appena concluso la sua esperienza nel suo ristorante omonimo, sta girando un film sulla sua vita e a breve la rivedremo spuntare come chef di un nuovo ristorante. Sono queste le donne della cucina che mi piacciono di più, perchè le loro storie sono universali, ci dicono che se abbiamo un’idea, una passione, dei forti ideali, dobbiamo superare i timori, le insicurezze insite nel nostro essere donne e crederci con tutte noi stesse. Ritornando alle parole di Alice: “Se ci credi, se lavori bene, le occasioni arrivano” e a me piace pensare che sia proprio così e che il futuro dell’alta cucina sia donna.

Per me scrivere non è e non sarà mai competizione. Non lo faccio per gli altri, lo faccio per me. Ho trovato un modo per parlare con tutte le persone a cui voglio bene e che amano qualcosa di me. Quello che vedo in giro oggi è un mondo che non mi piace, ne vorrei uno diverso. Dove ci sia verità, voglia di vivere davvero, gratitudine, anche rabbia sì. Voglio essere tra quelle che provano a farcela, che combattono e non si scoraggiano e scrivono, sempre meglio, sempre di più.
Quelle che sorridono dopo aver pianto. Quelle che cantano in strada. Quelle che vanno forte in bicicletta.
Fuori da queste cose sono un’anima morta. Abbiate cura di voi.
Io avrò cura di me, promesso.

J.

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