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A Mezzane il cuore di Comini Giulio ha ceduto dopo 105 anni ed un mese

“Per chi suona la campana……essa suona anche per te”. Una frase che ha varcato i confini dei continenti con romanzi storici che hanno raccolto le gesta della prima guerra mondiale. Pensiero che coinvolge tutti nei piccoli paesi, quando si sentono i rintocchi della campana, perché qualcosa del paese se ne va.
Si è ripetuto a Mezzane di Calvisano, in questi giorni mentre scriviamo, con la morte del giovane Andrea Ferrari. Così come era accaduto con la dipartita terrena di Giulio Comini domenica 9 dicembre, la cui morte ha avuto eco su un vasto territorio bresciano e superato i confini dell’Italia. Lui non era mai andato oltre tali confini, se non in quel tragico periodo della seconda guerra mondiale. Era nato alle 9,00 di venerdì 7 novembre 1913, alla cascina di via Badia al n. 578, probabilmente i numeri erano in continuazione per tutta la frazione, quando la nebbia nascondeva i caseggiati ed il freddo si faceva sentire, molto più delle nostre ultime stagioni. Visse qualche anno in via Cucca, quindi in Via Tesoli, dove ha sempre vissuto fino ad una trentina di anni fa. Comini Omerino Giulio, il nome all’anagrafe all’atto n.167 del registro delle nascita. Viene battezzato due giorni dopo di domenica dal parroco della frazione don Ippolito Pellegrini. Figlio unico, in una famiglia contadina, il padre Luigi Comini muore in combattimento sul San Michele del Carso, nella prima guerra mondiale, il 24 Ottobre 1915, quando Giulio aveva meno di due anni. Cresciuto con la madre Maria Zorzetti ed il nonno Virgilio, con il sostentamento di un duro lavoro dei campi, nella piccola proprietà. Più tardi pochi ettari di terra, serviranno al sostentamento della vecchia e nuova famiglia fino agli anni 80. Poi l’età ed il progresso hanno trasformato anche il lavoro dei campi.
Depone i suoi attrezzi agricoli, molti dei quali da lui costruiti, per il lavoro nei campi, continuando però a vivere con i valori e la sobrietà appresi in famiglia. “Il Contadino tutto fare“ l’avevano definito, un modo d’essere abituale in passato per gli anziani del mondo contadino.
Ogni mobile, suppellettile, arnese del lavoro, come elettricista, meccanico o falegname portava il suo nome. Come il costruire giocattoli per i figli negli anni 50, tutt’ora apprezzati ed utilizzati dai pronipoti.
Già dalle scuole elementari, inizia a dare una mano nei campi, le frequenterà fino alla quarta nel vecchio plesso. Come ogni lunga vita, tanto più se raggiunta in buona salute e con una viva presenza mentale, diventava ogni giorno storia di ricordi. Difficili e dolorosi in passato, quando più volte venne chiamato militare, anche in tempo di guerra dal 1935 al 16 settembre del 1943. Qui a seconda delle situazioni svolge vari compiti o lavori. Dall’attendente al Comandante, alla collaborazione nella farmacia a Lecco, ad essere il falegname per sistemare, letti, mobili, ha costruire sagome per il campo di tiro. Evitato l’invio nella guerra d’Africa, si trovò qualche anno dopo al confine con la Francia e più tardi combattente in Jugoslavia, dove per poco non era coinvolto nello scoppio di una bomba. Raggiunta casa, dovette per un certo periodo nascondersi nei fienili delle cascine della zona, per sfuggire ai rastrellamenti dei tedeschi ancora presenti. Congedato il 16 ottobre 1940, perché orfano di guerra, si sposò nel febbraio del 1942 con Lucia Panizza, deceduta nel 1993, ma venne poi richiamato ancora.
Due i figli Luigi e Maria Agostina, dai loro matrimoni con Luciana (la Nuora con la quale ha sempre vissuto) e Marino avvenuti nel 1973 sono nati Mauro e Lorenzo, Samuele e Isaia. Negli ultimi dieci anni sono arrivati i pronipoti Gioele, Mascia, Luca, Cristiana e Caterina nel maggio del 2017, ai quali ha trasmesso i primi passi di una capacità professionale, andata molto oltre all’attività di contadino.
Fino a un paio di anni fa accudiva e dava da mangiare alle galline, verificava la verdura nell’orto, affilava coltelli e forbici (anche per i compaesani), riparava biciclette, mezzo che aveva utilizzato fino a qualche anno prima. Nell’ultimo periodo si è dedicato a costruire trappole per topi d’ogni tipo, con materiale recuperato. Continuando ad informarsi con la televisione, in particolare i dibattiti politici, con commenti e proprie valutazioni, così come la lettura dei giornali, quotidiani e riviste.
Ricordava tanti particolari dei suoi 105 anni di vita, toccati il 7 novembre scorso. I molti che in quei giorni erano passati per gli auguri, sono ritornati a dargli l’estremo saluto. A sottolinearne alcuni aspetti della sua vita, le preghiere espresse durante la S. Messa dei funerali, celebrati martedì 11 dicembre dal parroco don Tarcisio Capuzzi. Il grazie al Signore dei figli, nipoti e pronipoti, per avere donato Nonno Giulio per tantissimi anni. Perché le guerre – sempre inutili- che lui orfano e combattente ha vissuto abbiano a non più ripetersi. Affinché i lavoratori della terra e di ogni professione, possano avere salvaguardata la loro dignità, così come tutti devono rispettare e tutelare l’ambiente a favore del bene comune, per cui Nonno Giulio aveva operato nel suo lavoro da contadino.
“Alla sera della vita saremo giudicati sull’Amore”
il messaggio che ha lasciato.
Marino Marini

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